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La pesca nelle cave: le specie, le tecniche ed i consigli

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pesca cave
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Nel periodo invernale molti pescatori invadono le cave. Acque chiuse o naturali (alimentate da un fiume), tra inizio aprile e fine settembre registrano un maggiore valore batimetrico. Ossia aumentano il loro livello dell’acqua.

Queste variazioni durante l’anno solare derivano dalla falda freatica. Che, per effetto dei vasi comunicanti, si innalza. Canali irrigatori, fiumi e campi agricoli pieni residuano alla radice. Un altro fattore scatenante, in alcuni territori, è dato dalle fabbriche siderurgiche, ormai scomparse.

Per raffreddare i macchinari industriali sfruttano, infatti, l’acqua di falda. Se mancano, il livello idrico della cava sale esponenzialmente rispetto al valore base. E straripa lungo i sentieri che costeggiano il laghetto.

Malgrado circolino opinioni contrastanti a riguardo, l’innalzamento dell’acqua è un segno positivo. Perché indice di una adeguata ossigenazione, irrinunciabile affinché la flora e fauna autoctona sopravvivano. Prima o poi l’eutrofizzazione si verifica in tutti gli specchi d’acqua artificiali.

Ma il momento può essere posticipato: dipende da come vengono curati e gestiti i bacini. Le specie catturate nelle cave sono principalmente trote e carpe.

Pesca trota

Affrontarla seriamente richiede un impegno non indifferente. I cosiddetti laghi a pagamento nascondono parecchie insidie per chi decide di praticarla in sicurezza. Sono ambienti con logiche molto particolari, talvolta difficili da interpretare. Per quanto riguarda le tecniche più diffuse se ne registrano tre:

  • Trota lago
  • Pesca a spinning
  • Pesca a mosca

Trota lago

Sotto lo stesso nome confluiscono, in realtà, tecniche differenti e parecchio diverse. Da approcci ultra leggeri si arriva a quelle pesanti. In comune hanno due peculiarità:

  • L’utilizzo di esche naturali
  • Il tentativo di mantenere in rotazione le esche, anche a bassissime velocità di recupero.

Per qualunque esigenze esistono attrezzi su misura. In quanto alla pesca durante la stagione fredda, canne di diametri capillari consentono di animare potenti esche vicino alla riva. Lanciano bombarde ultra affondanti, a 70 o 80 metri di distanza. Un modus operandi diffuso tra gli agonisti.

Pesca a spinning

Lo spinning in ambienti come ex cave di estrazione risulta molto tecnico e divertente. Perlopiù praticato con attrezzi in grado di lanciare fino a una ventina di grammi, sa come tenere piacevolmente impegnati.

I mulinelli di taglia 2000 o 2500 con leggeri trecciati sui 5 kg favoriscono ricchi bottini. Di frequente, ondulanti compatti ma validi si rivelano un valore aggiunto. In quanto agli artificiali, il luogo prescelto incide sulla strategia ideale.

In generale, le gomme bianche forniscono risultati abbastanza costanti. Da tenere in altrettanta considerazione il finale, soprattutto in acque limpide. Come diametro, è meglio rimanere entro lo 0,22.

Pesca a mosca

In sostanza, prevede due tipi di approcci. Il primo consente una pesca, per così dire, a ninfa. Dove, individuato il pesce, presentare al meglio un piccolo artificiale. A proposito, il top è dato dalla classica 9’ per coda 5.

Il secondo, decisamente più elaborato, si ispira allo stile inglese con lunghe canne sui 10’ per coda 6 o 7. E code di topo ad hoc grazie alle quali sondare diverse altezze d’acqua. Una certezza le esche artificiali fluttuanti e luminose, montate su ami che vanno dal numero 6 al numero 14.

Se la trota non abbocca…

La pesca vive anche di fluttuazioni. In certe battute le carpe accorrono a frotte. In altre si mostrano diffidenti oltre ogni aspettativa. Vale un po’ per chiunque pratichi questo sport.

Quello che separa buoni e cattivi sta proprio nello spirito. Il fatto che i risultati tardano ad arrivare non significa, infatti, che siano fuori portata. Come diceva un “certo” fisico la follia sta nel fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi.

Per stuzzicare la curiosità della trota esiste una tecnica rodata. Che spesso toglie parecchie soddisfazioni ai fiduciosi. Quando il pesce non mangia né a fondo né in superficie, e si hanno esaurito le tecniche sopra indicate, occorre cambiare atteggiamento.

Come? Attraverso le esche siliconiche ad esempio, alquanto diffuse fra i pescatori di trote. Probabilmente porteranno ad una cattura di grandi esemplari, anche i più furbi. In virtù della maggiore esperienza, “fiutano” il pericolo. Ragion per cui catturarle è una missione ardua, impossibile se i lanci sono avventati.

Dunque va calata l’esca siliconica in prossimità della riva. Dopodiché attendere qualche secondo affinché l’esca arrivi in fondo. E recuperare, a tratti in maniera molto nervosa, muovendo di scatto sempre l’esca. Per poi prendere un’altra pausa, affinché il vermone in silicone riscenda nuovamente in profondità. Cambiato in due o tre circostanze il posto, se trote di grandi dimensioni nuoteranno nei paraggi si catapulteranno sicuramente. Sarà senz’altro capitata una mangiata mentre l’esca cade.

È questo il momento clou, che vede le trote all’attacco. Una zona poi di sicuro interesse è vicino all’acqua ossigenata. Lanciare la bombarda nel laghetto: normalmente le trote stazionano vicino. In inverno si consiglia di usare una camola, con un piccolo verme, bianco o rosso, che attiri l’attenzione.

Pesca carpa

È il terreno fertile in questa disciplina particolare. Perché il carpfishing costituisce una disciplina a sé stante. Gran parte dei carpisti italiani pesca solamente in cave o laghetti. Piccoli o grossi poco importa. Ed infatti sul mercato alla (esigente) clientela si offre una ricca gamma tra cui scegliere. Detto ciò sono applicabili strategie alternative. In quasi tutti i posti privati, non si può pescare con la barca per differenti ragioni. Che mutuano a seconda di quanto il proprietario o gestore preferiscono.

In alternativa ci sono i barchini radiocomandati. Sul tema accampano numerose teorie. Prezzi piuttosto elevati non fanno desistere i carpisti. In alcune cave è consentito, in altre no. Indipendentemente dall’idea personale che uno può si può formare a riguardo, è chiaro che usarle porta a significativi vantaggi.

A partire dal fatto che così facendo si può portare la pastura nell’esatto posto scelto. Inoltre, arreca meno disturbo. Persino insignificante, se rapportato a un’imbarcazione. Mentre con mezzi nautici è possibile calare in acque fonde oltre i 15 metri, lo stesso non può dirsi nella cave più estese a lancio.

Qui infatti si tocca una profondità massima intorno ai 3/4 metri. Non di più. D’altronde le distanze sono molte volte proibitive. Questo almeno in generale. Ovviamente, contano anche le caratteristiche del posto. Ma sicuramente tale problematica tocca da vicino i carpisti. La loro preda preferita può sguazzare tranquillamente in grandi profondità. Per quanto provochi stupore, non è raro che le carpe raggiungano, infatti, anche i 20 metri. Con barbigli e sensi sviluppatissimi, le carpe hanno eccellenti doti difensive. Un tratto distintivo da tenere a mente, se l’acqua è poco limpida. Andati sotto i 10 metri, occorre accendere forti torce solo per vedere, talvolta, pochi metri di fondale.

Ciononostante, le carpe verranno prese sia di giorno sia di notte. Conta, e pure parecchio, a quale temperatura è l’acqua. Sul fondo, e con risorgive molto forti, è stabile. Anche a stagioni fredde ci si comporta sostanzialmente nella stessa maniera. Sia come modo di pescare sia nella presentazione delle esche.

Dopo diverse battute, può capitare di prendere i pesci nella medesima posizione. In estate come in inverno. Farsi una mappa mentale è prezioso. Magari da traslare su un’apposita agendina. Ciò non vuol dire che, senza alcun dubbio, le carpe presidieranno quel punto. Anche se la pressione resta immutata, cambiano le abitudini elementari. I metodisti pescano costantemente in acque basse, cercano i rialzi del fondale e calano gli inneschi sempre in queste condizioni. Non che sia sbagliato, anzi. Di tanto in tanto, imboccare nuove strade è però essenziale. Inizialmente la tattica darà risultati.

A lungo andare le carpe rimarranno allerta negli stessi spot. Si abituano infatti alle trappole tese. E cambiano totalmente abitudini, incluse quelle alimentari. Spingendosi anche a oltre 20 metri sott’acqua se il luogo in cui vivono lo consente. Meglio, allora, calare a profondità diverse, ponendo solo una canna nell’acqua più bassa. Le altre in spot differenti, a diverse profondità. I primi giorni sulla barca dispensano momenti memorabili. Garantito. Come già spiegato in precedenza, i pesci non sono abituati alle trappole innescate. Presto si volta pagina.

Il motivo è che in pochissimo tempo alle carpe perverrà il monito di stare attenti in determinati punti. Tranquilli fino a qualche giorno prima, ma ora non più. Sono in continuo allarme, anche durante la notte. Dove generalmente la carpa si rilassa e si alimenta con maggiore continuità. Da lì in poi rimarrà diffidente. Ed eviterà attentamente eventuali minacce. Andare avanti a oltranza genera solo delusioni. Con catture piuttosto scarse.

L’attrezzatura necessaria per pescare carpe nelle cave

Due canne, ami n. 1, grossi piombi, mais e polenta: una volta bastavano e avanzano. Le carpe non si facevano troppi scrupoli nell’abboccare. E non disdegnavano i grossi banchetti che si presentavano loro. Tutto in discesa. Storia, oggi, totalmente cambiata.

Con il trascorrere degli anni i pinnuti hanno acquisito furbizia e raffinato i gusti. Carpe sufficientemente grandi nascono nelle cave presenti sul territorio italiano. Un osso duro per la grande pressione esercitata. Giocoforza i pescatori devono salire di livello per farvi fronte con successo.

All’improvvisazione si è sostituito un approccio meticoloso. Che non lascia nulla al caso. Così come per ogni tecnica, il kit sarà specifico. In grado di rispondere appieno alle esigenze specifiche.

Canne

Sì ai modelli da carpfishing con azione tra i 125 e i 140 grammi. Una scelta votata alla versatilità. Infatti, in tal modo vengono eseguiti lanci lunghi e si “spingono” i pesci lontano dagli ostacoli. Ma anche, in scioltezza, nel sottoriva.

Mulinelli

Primo requisito che siano robusti. Oltre che pertinenti allo scopo. Da imbobinare con un nylon 0.35 oppure un trecciato da almeno 13 kg. A maggior ragione se alghe cospargono l’area. In aggiunta, zavorre da 100 grammi circa permettono una pesca efficiente ovunque.

Terminali

Puntare sul modello che fa stare più tranquilli sia per presentazioni pop-up che per affondanti. Premesso che i pesci tengono la guardia alta in questo tipo di ambienti. Idonei specialmente gli ami piccoli, realizzati con materiali mimetici o trasparenti.

Esche ed inneschi

Bando alle scelte banali. Le carpe, come detto e stradetto, concedono raramente fiducia. D’altronde sono consapevoli che sulle proprie sponde i carpisti vogliono far di loro un sol boccone. Sulle sponde ne gravitano tante. Per superare la loro resistenza occorre uscire dal coro con scelte radicali. Estreme, forse. Ma sicuramente con potenziale superiore. A corredo le granaglie, mais innanzitutto. Un mangime graditissimo dalla carpa erbivora, o amur. I piccoli si nutrono di piccoli invertebrati e crostacei, mentre gli adulti puntano principalmente alla vegetazione acquatica. Il principale metodo è a spinning, con un singolo, piccolo, gancio. Timidi, mangiano una volta presa abbastanza confidenza. Comunque mais e altre esche artificiali gli fanno gola. Ingannabili con un pezzettino di esca, piuttosto che con un boccone. Divertente pescarli: possiedono un animo combattivo. E non appena intravedono il guadino si proteggono sprigionando una forza incredibile.

Le zone “calde”

È necessario individuare quelle zone in cui le carpe amano sostare e alimentarsi. Canneti, alberi caduti e semi sommersi sono segnali interessanti. Mappare l’ambiente che si protende davanti. E sondare il fondale con uno scandaglio oppure col metodo plumbing, standosene coi piedi ben piantati per terra.

In una grossa cava occorre conoscere, a fondo, l’intera conformazione del fondale, in tutti i settori. Uno stinger con qualche pallina e 10 boilies lanciate, mediante cobra o fionda, nei pressi dell’innesco saranno più che sufficienti.

Un miscuglio insieme a mais e fioccato inumidito d’ammollo delle granaglie attrarrà irresistibilmente. Per aumentare le possibilità, individuare i “scalini”. In sostanza, variazioni di profondità più o meno repentine che spesso contraddistinguono le sponde ed il fondale delle cave.

Se questi ultimi cambiano consistenza, soprattutto se diventano piatti ed uniformi, rappresentano le aree di alimentazione predilette. Occhio anche alle secche, ai canaloni e al grado di esposizione solare della superficie.