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Pesca all’Agone, specie ittica, tecniche di pesca: il quadrato, le agoniere 

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C’è qualcosa di arcaico nella pesca, qualcosa che ci riporta ai tempi in cui pescare era una necessità non una passione, in cui l’ingegno dei pescatori era rivolto a riempire i piatti in tavola non a farsi una bella foto o generare una bella storia da raccontare ai propri compari.
Oggi chiaramente nella parte del mondo in cui abitiamo la pesca è puramente una scelta legata alla passione, in cui i pescatori scelgono cosa pescare e come pescarlo, scegliendo tecniche a volte meno produttive ma più appaganti e divertenti.
Ma in questa tendenza, c’è una pesca di nicchia che si pratica per proseguire tradizioni antiche legate al territorio, alla propria famiglia, che ci fa assaporare i tempi antichi sia per semplicità che per il suo fine strettamente “alimentare”, stiamo parlando della pesca all’agone.

Parliamo dell’Agone

L’agone (Alosa fallax lacustris) è un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia dei clupeidi. Si tratta di un pesce di mare rimasto intrappolato nei bacini d’acqua dolce. Tento di spigarmi meglio: la Cheppia vive in mare e risale i fiumi per riprodursi, l’agone è lo stesso identico pesce nato e cresciuto in acqua dolce.
Di fatti si sono scoperte delle cheppie che una volta risaliti i fiumi hanno colonizzato bacini d’acqua dolce in maniera permanente, diventando agoni in pochi anni. Vive nei maggiori bacini prealpini ed in alcuni laghi sparsi nella penisola, ma entra nel folklore specialmente nei grandi laghi del nord, dove si muove una sorta di industria ittica sia professionale che non attorno a questo pesce.

Pesca dell’Agone

Oltre alla pesca commerciale che si pratica praticamente tutto l’anno, la pesca sportiva avviene in un periodo che solitamente va da metà giugno a metà luglio, periodo nel quale gli agoni abbandonano le profondità lacustri per riversarsi in gran numero lungo le sponde ghiaiose dei bacini che li ospitano, mossi dall’istinto riproduttivo.
In parole povere l’azione di pesca si pratica sul pesce durante il periodo di frega, pratica che solitamente trasforma i pescatori in bracconieri quando si tratta di altre specie. Vale la pena dire che quando le autorità danno il via libera alla pesca dell’agone, il grosso della frega è già passato, di fatti se farete un giro nei luoghi di riproduzione farete fatica a vedere il fondale dal grande numero di pesci presenti.
Le guardie in questo periodo controllano costantemente le sponde pronte ad infliggere pesantissime sanzioni a tutti i furbetti (si arriva anche a 25€ ad esemplare). Quando il grosso della frega  è passato inizia la pesca vera propria che richiama migliaia di pescatori tutti alla ricerca dell’argenteo e prelibato pinnuto.

Tecniche di pesca 

Il grosso della pesca all’agone naturalmente viene fatto a livello commerciale, con l’utilizzo di reti durante tutto l’anno. Questo è l’unico metodo per garantire un costante afflusso di materie prime alla filiera alimentare che deve soddisfare una richiesta abbastanza pesante. Ma ci sono altri due modi, molto differenti tra loro, per catturare il pregiato clupeide, che incarnano la vera tradizione e dal forte simbolismo, tanto che i turisti di passaggio sovente si fermano a scattare foto per immortalare questi momenti di pura italianità.

Pesca all’Agone: il quadrato

Chiamato anche bilancino si tratta di una rete con le maglie di 1,5cm (al di sotto sarebbe illegale) attaccata ad un palo (oggi si usa il carbonio ma tradizionalmente si utilizzava il bambù o legni dalle simili qualità) tramite una cordicella.
L’azione di pesca si svolge sulle rive, possibilmente avvalendosi di un tradizionale cavalletto, una sorta di “pontile” di legno che ci permette di allontanarci giusto qualche metro dalla riva. Si attende il calar della sera, momento in cui gli agoni si avvicinano a riva in massa per fregare, si cala la rete e si aspetta il momento in cui uno o più esemplari transitano sopra di essa.
Questa tecnica puo’ essere estremamente redditizia, tanto da permetterci anche di catturare svariate decine di chili di pesce in una sola uscita. Anche se a livello di sportività siamo sotto lo zero, bisogna ricordarne il valore tradizionale, tanto che la maggior parte dei pescatori che usano il quadrato sono quasi tutti pensionati.

Pesca con le agoniere 

Eccoci a parlare finalmente della tecnica di pesca che prevede l’utilizzo di una canna! Le esche utilizzate saranno delle semplici moschette, solitamente tre o cinque, montate su di una lenza madre e distanziate tra loro.
Se insidiamo gli agoni da riva solitamente si mette un piombo dai cinque a quindici grammi in cima alla nostra agoniera. In questo modo il movimento della nostre imitazioni sarà molto più adescante. Se ci troviamo su di una imbarcazione e la nostra azione di pesca si svolgerà quasi esclusivamente in verticale il piombo lo applicheremo alla fine dall’agoniera per evitare fastidiosi ingarbugli.
Il recupero delle nostre imitazioni si svolgerà in maniera differente secondo il posto da dove peschiamo, da riva andremo ad utilizzare un recupero veloce con frequenti jerkate, dalla barca effettueremo quello che volgarmente viene chiamato yo yo, una volta individuata la batimemetrica dove staziona il branco, inizieremo a fare su e giu in maniera frenetica con la canna.
Per queste due tecniche l’attrezzatura ottimale è una buona canna di quelle che si usano normalmente per la trota lago, che riesca a gestire al massimo 20 grammi di peso con una lunghezza di 3,9 – 4,2 metri.
Per il mulinello direi che le taglie 2500 e 3000 dotate di un recupero abbastanza veloce fanno perfettamente al caso nostro. Come lenza un ottimo nylon diametro 0,20 oppure un moderno trecciato da 8 – 10 libbre che ci facilita il lancio.
Per quanto riguarda le agoniere vere e proprie vale la pena dire che con un po’ di manualità è molto semplice costruirsele (in rete trovate svariati video) oppure possiamo recarci presso un negozio di pesca situato in zone dove l’agone è presente, ma la vera chicca sta nel comprare le moschette proprio da qualche anziano che le costruisce con passione da tempo immemore…
Ma se vogliamo vivere il massimo dell’autenticità scordiamoci la canna da lancio e muniamoci di una canna fissa lunga dai 6 agli 8 metri che andrà a sostituire una canna di bambù, attacchiamo uno spezzone di nylon anche se tradizionalmente si usava il filo di rame e con la tecnica dello yo yo cerchiamo di prendere più agoni possibile! Tutte queste tecniche vengono utilizzate generalmente da metà pomeriggio al calar della luce, poi gli agoni smettono di mangiare e il quadrato diventa il protagonista assoluto. Le catture saranno numerose, 20, 50, 100 esemplari sono quasi garantiti, più che sufficienti per farsi una bella mangiata in compagnia.

In conclusione

Io per primo supporto e spingo il catch and release, visto che ritengo che sia l’unico modo in cui un pescatore sportivo possa fare qualcosa di davvero utile per il futuro della sua passione, ma nel caso della pesca all’agone lo trovo un concetto totalmente inapplicabile, c’è troppa storia e troppa tradizione che ruota attorno a questo pesce, e a mio avviso qualunque moderna concezione di pesca per quanto giusta possa essere rischia di rovinare questo antico rituale che si ripete con impressionante puntualità da secoli.
Un saluto da Michele Capizzi 🙂