Home I racconti dei pescatori Una semplice e veloce giornata di pesca con Michele Capizzi

Una semplice e veloce giornata di pesca con Michele Capizzi

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giornata di pesca
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Questo articolo non spiegherà nulla di particolare, non parlerà ne bassfishing ne tecniche ricche di forniti vocaboli tecnici. Qui si parla di un’aspetto della pesca che spesso ci dimentichiamo di tenere in considerazione, quell’aspetto che in maniera recondita cerchiamo ogni volta che andiamo a pescare speranzosi di prendere il pesce che cerchiamo con l’attrezzatura che preferiamo con la tecnica che ci stiamo studiati a memoria.
Parliamo di una semplice pescata, senza il bisogno di essere armati fino ai denti, con lo spirito di chi vuole solo passare passare qualche oretta da solo sul lago, svuotando la testa e lanciando tutte le nostre ansie e paure più lontane del nostro artificiale, senza nessuna pretesa di mostruose catture, solo con lo spirito di chi osserva la meraviglia che ci circonda, sostituendo un buon libro con una canna da pesca.

La passione per la pesca 

Personalmente l’unica costante nella mia vita è stata la pesca, per quanto possa avergli dato in termini di passione, tempo ed energie, lei mi ha dato molto di più, tanto che la considero più che uno sport, una vera terapia per i momenti in cui la vita ci mette alla prova. Quindi la situazione tipo per questo approccio “new age” è senza dubbio la fine di una giornata di lavoro, dove assieme al computer spengo anche una grossa fetta di cervello.
Inutile dire che bisogna avere la fortuna di vivere in prossimità di qualche lago o fiume per rendere la cosa fattibile, io ho il privilegio di avere tre laghi nel raggio di 10km e svariati torrenti, che pero’ per attitudine considero molto poco. Bene è giunto il momento in cui guardo la mia rastrelliera e la scelta ricade su di una canna da light spinning con un mulinello carico di trecciato sottile, poi apro le mie amate tackle box e seleziono un po’ di cartucce, un paio di minnow, un paio di top water un cranketto e qualche spoon da trout area di buone dimensioni (chiedo scusa per la terminologia che ho promesso di non utilizzare ma se no sarebbe impossibile spiegarmi al meglio).

Sulle rive di uno stagno

Carico tutto in macchina, l’istinto mi porta sulle rive di uno stagno molto comodo da raggiungere, niente spot complicati o interminabili scarpinate col machete in mano, la comodità di una pista ciclabile lungo le sue sponde non ha paragoni. Butto uno sguardo nella cassettina e scelgo uno spoon da circa 4g di peso, un’occhiata all’orologio mi dice che sono quasi le 18:00, quindi se non voglio mangiare freddo mi tocca darmi una mossa.
Inizio con una serie di lanci lunghi cercando di pettinare le ninfee senza rimanere incagliato, e dopo qualche lancio una leggerissima mangiata mi viene trasmessa tempestivamente dal fusto della mia canna, ferro, e in quel momento da persona che deve solo svuotarsi la testa mi trasformo in pescatore. A riva appare una piccola scardola con il mio spoon in bocca, la siamo, la rilascio mentre mi scappa un piccolo sorriso.
Continuo a lanciare avidamente nella stessa direzione, oramai il peso dei miei pensieri mi ha abbandonato e sono completamente concentrato sulla prossima cattura e sbam!
Qualcosa di migliore sceglie di ghermire il mio artificiale, sempre una scardola ma la stimo sui 500g di peso. La slamo e la rilascio sempre col solito sorrisetto. Insisto ancora un po’ ma la situazione cambia, niente tocche, niente movimento e i miei pensieri tornano a fare capolino nella mia testa. Proseguo per un centinaio di metri e noto un branco di foraggio composto credo da piccole scardole  e decido di mettere un piccolo minnow suspending per imitarle al meglio. Pochi lanci e un coloratissimo persico reale sceglie di ghermire la mia imitazione.

La prima cattura

La stazza non è un gran che, probabilmente non arriva a 18cm, pero’ essendo un pesce di branco sono fiducioso di poter fare catture multiple. Ma come spesso accade nella pesca, come nella vita, dobbiamo essere pronti a ricrederci in tempo zero. Neanche una tocca, neanche un inseguimento, solo dei piccoli persici sole che bullizzano il mio artificiale appena arriva sotto riva.
Continuo a camminare lungo la pista ciclabile con un occhio rivolto ai passanti per evitare scontri e catture indesiderate, e un’occhio sulla superficie dello stagno nella speranza di individuare qualche segnale incoraggiante. Una grossa tinca mi trae in inganno mentre grufola avidamente sul fondale, un branchetto di cavedani intento a cercare insetti in superficie cattura la mia attenzione e in 0,001 secondi il minnow lascia spazio ad un piccolo popper che vanta nel suo curriculum decine di questi furbissimi caprinidi.
Appena tocca l’acqua tutti i cavedani iniziano a girarligi attorno come squali, avvicinandosi sempre di più, ma ad un certo punto, come avvertiti da chissà chi o avessero visto chissà cosa di strano all’unisono con la loro consueta eleganza si girano ed esattamente come sono arrivati se vanno via. Gli corro dietro sperando in un clamoroso ripensamento ma nulla, penso tra me e me “In amor vince chi fugge caro mio”, e sta volta loro hanno vinto a mani basse.

Fine pesca: una sorpresa inaspettata

Appena ripreso dalle mia debacle, do uno sguardo all’orologio che segna le 19:15, dunque decido di dirigermi con passo flemmatico e canna in spalla verso la mia macchina, iniziando ad organizzare in testa la mia giornata lavorativa di domani, “Devo fare questo, devo chiamare quello, devo consegnare questo ecc…” quando all’improvviso una sagoma famigliare raccoglie tutte le mie attenzioni.
Eccolo, il pesce che fin da bambino mi ha affascinato più di tutti, quello a cui ho dedicato la maggior parte delle mie uscite di pesca, quello che mi ha fatto spendere un patrimonio (hahah), un fantastico black bass di 30cm abbondanti, nulla di che ma non posso non provarci!
Richiamo in causa il minnow suspending, mi inginocchio nel tentativo di non farmi sgamare, lancio l’artificiale un paio di metri oltre il centarchide, due jerkate e via… inizia la festa.
Nonostante la sua difesa colma di salti e ripartenze, dopo pochi istanti si ritrova col mio pollice in bocca. Lo slamo subito, mi sincero che non abbia subito danni, lo guardo soddisfatto ed il mio sorrisino si trasforma in qualcosa di più. Lo libero e lo osservo andare placidamente via con nel cuore la speranza di incontrarlo al più presto, magari con qualche etto in più.
Guardo l’orologio, segna le 19:30 passate, mi rassegno all’idea di una cena riscaldata, ma mi rendo conto che la cura anti stress ha funzionato. Non penso al domani, non penso ne al lavoro ne hai miei doveri. Mi sento bene, mi sento libero.
Un saluto da Michele Capizzi 🙂